BLOG

Maestri d'ascia Acitrezza

Al giorno d’oggi trovare lavori artigianali, diffusissimi prima dell’avvento della tecnologia, è quasi un utopia. Il consumismo ha fatto in modo di ridurre ai minimi termini la creazione di prodotti artigianali per la grande distribuzione e le grandi strutture urbanistiche e di trasporto. Nonostante tutto però in alcune zone d’Italia sono ancora presenti persone che coltivano i valori tradizionali , ereditando i lavori dei loro avi, è il caso di Acitrezza.
La piccola frazione di Acicastello, in provincia di Catania, resa famosa grazie a Giovanni Verga con il suo romanzo “I Malavoglia”, conserva un mestiere poco noto alle nuove generazioni, i “Maestri d’ascia”.
La famiglia Rodolico, maestri d’ascia dalla fine del 800, continua a produrre barche sia a vela che a remi. Il capostipite della famiglia fu Salvatore Rodolico che insieme al figlio Sebastiano iniziano a costruire barche su richiesta nella provincia di Catania e continua ancora oggi, dopo quattro generazioni, con il pronipote Giovanni.

Il cantiere, che all’inizio si trovava nella zona che oggi porta il nome di “via Rodolico”, si trova nei pressi del porticciolo di Acitrezza, di fronte alla meravigliosa vista dei faraglioni.
Lungo il corso degli anni ha avuto commissioni da tutta Italia costruendo da imponenti pescherecci alle piccole imbarcazioni tipiche “trezzote, il boom avvenne intorno agli anni 60/70, in cui erano presenti anche tanti manovali nella costruzione delle barche. Costruzione che nel corso degli anni subì una netta flessione, nonostante tutto però ancora oggi continua grazie al lavoro del pronipote Giovanni e del padre, superando qualsiasi ostacolo burocratico e tecnologico.

La tecnica per costruire le imbarcazioni è detta “mezzo garbo”, rimasta più o meno immutata nel corso della secolare storia familiare, viene tramandata oralmente da padre in figlio. Il mezzo garbo è riproduzione naturale in legno di mezza sezione maestra dello scafo, parte dalla quale si iniziava a costruire insieme alla chiglia e alle ruote di prua e poppa le ossatura dell’imbarcazione. Gli strumenti tipici erano la sega a mano, la pialla (detta “chianozzo”), e trapani a mano(detto “virrina”). Il fasciame di legno utilizzato per la costruzione delle imbarcazioni veniva attaccato con la chiodatura zincata, mentre le fessure vengono chiuse con la stoppa catramata e infine con una “lanata” (pennello di grandi dimensioni) si passa la pece per proteggere lo scafo (ai giorni nostri sostituita con stucchi e pittura). Le dimensioni delle barche erano varie, dai quasi 5 ai 10 metri.
Le barche in legno “trezzote” sono state inserite nel REI  (Registro Eredità Immateriali).

Giuseppe Pappa 15-01-2018